Bellissima, quasi eterea, la Chiesa della Madonna dello Schiavo: un nome particolare, ecco la sua origine.
Situata a Carloforte, questo edificio religioso è un simbolo per tutta la comunità. Un luogo di raccoglimento, nel quale ritrovare (o predicare) la propria fede, proprio nel cuore della città. Quella stessa località fondata da immigrati liguri provenienti da Tabarka in Tunisia.

Casette colorate, spiagge bianche e mare cristallino: un paradiso terrestre. La meta ideale per una vacanza, accompagnata da un forte spirito di avventura. Esplorare le meraviglie dell’isola, specialmente di tipo storico-culturale. Ebbene, la Chiesa della Madonna dello Schiavo rientra tra queste.
In sintonia con il luogo in cui trova, appare come se fosse una visione celestiale, probabilmente data anche dai colori tenui di cui è costituita ovvero bianco e azzurro, prevalentemente. È curiosa, ancor più l’origine del suo nome che deriva da una storia meritevole di essere raccontata.
La Chiesa della Madonna dello Schiavo, ecco perché si chiama così
Quando si dice una ‘bomboniera’. Di piccole dimensioni, ma graziosa, gli interni sono riccamente decorati con ornamenti in rilievo realizzati mediante lo stucco. Come anzidetto, l’azzurro pastello, bianco e l’oro le cromie dominanti. il simulacro ligneo della Vergine Immacolata collocato in una nicchia sopra l’altare maggiore.

A proposito di quest’ultima, dietro si cela una narrazione interessante. Un 15 novembre dell’800, tale Nicola Moretto – giovane carlofortino, catturato e ridotto in schiavitù a Tunisi, rinvenne sulla spiaggia di Nabeul una statua che (pare) rappresentasse la Madonna. Giunta dal mare, silenziosamente.
Forse era la polena di una nave che, staccatasi, si è lasciata trasportare dalle acque. Ad ogni modo il ragazzo la raccolse, così portandola al padrone. Benvoluto dal suo Signore, ricevette il consenso per tenerla con sé. Aura autorevole oppure devozione, dì li a poco tutti gli schiavi del luogo furono liberati.
Nel frattempo il venerato simulacro, in consegna a Don Segni – colui che seguì gli schiavi in prigionia – venne trasportato a Carloforte ove si costruì la chiesa omonima per la sua accoglienza. Ogni anno si organizza la festa patronale che cade il 15 novembre, giorno del ritrovamento e successiva liberazione.
Una giornata importante per tutti, anche i non credenti, le cui celebrazioni culminano con la processione, da Via XX Settembre, ove ubicato il santuario, girando per le strade del paese. Un capitolo di Storia da non dimenticare, almeno a Carloforte: il periodo 1798-1803, in ricordo della schiavitù a Tabarka.
Ancora una volta, fatti storici che si legano all’arte e ad un profondo sentimento religioso nei riguardi di Colei che ha tratto in salvo molte persone dall’ira funesta dei padroni – oltre 800 carlofortini furono deportati in Tunisia, dopo quel barbaro assalto consumato nella notte, tra il 2 e 3 settembre 1798, ad opera di corsari.