Il nostro smartphone influenza il sonno anche solo nel momento in cui ci svegliamo: ecco perché dovremmo tornare alla classica sveglia.
Quando andiamo a dormire, dovremmo dimenticare – letteralmente – lo smartphone. Non è un’opinione, ma un dato di fatto, come spiega la dottoressa Shalini Paruthi, medico del sonno presso il John J. Cochran Veterans Hospital di St. Louis.

Il problema, ovviamente, è legato a diversi fattori che ruotano intorno a questo strumento: dall’utilizzo serale fino ad arrivare alla sveglia, tanto semplice quanto sottovalutata. È chiaro che dobbiamo pur svegliarci in qualche modo, specialmente se ci aspettano impegni lavorativi o dobbiamo accompagnare i bambini a scuola.
Eppure, per affrontare la giornata con la giusta carica, forse dovremmo davvero rispolverare la cara, vecchia sveglia. Quella che, nella sua semplicità, ha svegliato intere generazioni e che oggi abbiamo quasi dimenticato. Se non usiamo il telefono come sveglia, possiamo lasciarlo tranquillamente in un’altra stanza. Ma il vero problema non è solo dove lo mettiamo, bensì che tipo di sveglia impostiamo sullo smartphone e in che modalità.
Perché usare lo smartphone come sveglia è una cattiva abitudine
Sembra un trucco innocente: impostiamo cinque, sei, magari dieci sveglie a distanza di pochi minuti, nella speranza di svegliarci più ‘dolcemente’. In realtà, questa abitudine – diventata routine per moltissimi – è tutto fuorché salutare. Secondo gli esperti, non solo non ci aiuta a riposare meglio, ma peggiora sensibilmente la qualità del risveglio e, di riflesso, quella del sonno.

Ogni volta che la sveglia suona e la rimandiamo, illudendoci di guadagnare altri cinque minuti, mandiamo il cervello in confusione. Invece di svegliarci una volta sola, ci costringiamo a entrare e uscire ripetutamente dalla fase di sonno leggero, senza mai dare al corpo il tempo di ristabilirsi davvero. Il risultato? Ci alziamo più stanchi di prima, con quella sensazione di annebbiamento che ci portiamo dietro per ore. Certo, rimadare l’allarme si può fare anche con le classiche sveglie, ma non con la stessa frequenza e intensità.
Questo meccanismo si chiama ‘sleep inertia’, ed è uno degli effetti più sottovalutati del risveglio a intermittenza. Ogni finta dormita è una nuova interruzione, che disorienta l’orologio interno e ostacola la naturale produzione di melatonina. Alla lunga, si creano disturbi nel ritmo circadiano, peggiorando anche la qualità del sonno delle notti successive.
Il paradosso è che, nel tentativo di addolcire il risveglio, lo stiamo rendendo molto più traumatico. Una sola sveglia, posizionata lontano dal letto, con un suono graduale e non invasivo, è molto più efficace di una raffica di allarmi che ci svegliano a singhiozzo. Ecco perché il ritorno alla sveglia classica non è solo una scelta vintage, ma un modo per svegliarci davvero, una volta per tutte – e meglio.